sabato 25 febbraio 2012

Carcere di Bellizzi Irpino. Lettera di una moglie

www.detenutoignoto.com
Lettera giunta in redazione il :18.2.2012
All'attenzione dell'Associazione Detenuto Ignoto
Buona sera , mi presento ,io mi chiamo L. C. , sono una donna di 45 anni ho tre figli e sono una sognatrice , sono una musicista. Da un po’ di tempo ho smesso di sognare perché le vicende di mio marito mi hanno spezzato le ali . Mio marito si chiama A.M. ha avuto problemi con la giustizia nel 2002 e ora un’accusa di usura ha fatto sì che lo rinchiudessero di nuovo in attesa di giudizio nel carcere di Bellizzi Irpino, ad Avellino, dal 18 ottobre 2011.
Premetto che mio marito non ha mai ammazzato nessuno anzi è anche vegetariano perché ama gli animali per questo non mangerebbe mai carne. Non è colto però ha un cuore grande anche se a sentir parlare le accuse lo dipingono come un criminale ma questa è un'altra storia. Mio marito entrò nel 2002 in carcere che pesava più di 90 chili e ne uscì dopo diciassette mesi con 38 chili.
Ho lottato allora con tutta me stessa perché una forte depressione con conseguente anoressia lo ridusse cosi; inoltre lui soffriva di una forma di idrocefalo ed accusava fortissimi mal di testa che si conclusero nel 2004 mediante l’impianto di un drenaggio alla testa(di cui è tuttora portatore) per cui ci vollero otto ore di intervento chirurgico; ricordo ancora quando il suo neurochirurgo si indignò davanti a un perito del tribunale e un carabiniere(presenti per tutta la durata dell’operazione) in quanto gli fecero numerosissime domande come se dubitassero della gravità della patologia . . . Che vergogna! Dove poteva andarsene mio marito così esile e per di più con la testa che gli era stata appena aperta per l’impianto del drenaggio?
Mio marito dopo varie perizie psichiatriche di parte e del tribunale fu mandato agli arresti domiciliari per incompatibilità col regime carcerario, ricordo che in quel carcere di Bellizzi Irpino fu denunciato anche il sanitario che non faceva nulla per aiutare mio marito anzi il giudice chiedeva il peso del detenuto e lui scriveva sempre il peso sbagliato, inoltre affermava che mio marito simulava e non mangiava solo perché aveva scelto come forma di sciopero quello della fame. Tutte bugie smentite dai vari periti e dagli illustri professori di psichiatria. 
Vergogna ancora, perché quel sanitario è sempre lì e la situazione si è ripresentata a partire dal 18 ottobre, da quando cioè mio marito è di nuovo in carcere in attesa di giudizio.
Gli avvocati non hanno fatto in tempo a presentare la malattia di A. al giudice che mio marito in neppure tre mesi ha già perso una trentina di chili e nessuno fa niente ,il sanitario avrà pure il dovere di curare o di segnalare il caso di mio marito e invece ha iniziato di nuovo a fornire dati sbagliati: ad esempio ha detto che quando ha fatto il suo ingresso in carcere mio marito pesava 80 chili (falso perché ne pesava 93) mentre ora (sempre secondo la sua opinione) ne pesa 76 ma come può essere se dalla taglia 52 è sceso alla 44? 
Gli ho dovuto comprare tutto di nuovo e là dentro dai famigliari fino agli altri detenuti al colloquio mi chiedono di spingere mio marito a nutrirsi perché è irriconoscibile. 
La direttrice del carcere ha detto domenica in occasione della messa che il suo carcere è ben gestito specie per quanto riguarda la sanità restando indifferente davanti a mio marito che rischia la morte.
Ancora vergogna perché non si garantisce di fatto il diritto di denunciare infatti nel 2003 il sanitario venne denunciato da un perito del tribunale se non ricordo male proprio perché mio marito non potè farlo. Io ho informato tutti i giornali dell’ Irpinia ma non mi è mai giunta risposta, allora mi chiedo se questa sia una democrazia o una dittatura; mi domando se mio marito che tentò anche il suicidio bevendo lysoform (tutti gli avvenimenti che denuncio possono essere documentati) sia considerato come una belva feroce e anche se fosse chi sono queste persone che decidono di fatto la morte di una persona negandole l’aiuto? Per me sono loro i veri assassini.
Provo vergogna anche per tutte quelle persone che non si ribellano a tutto questo, perché lì dentro ci sono tanti detenuti malati: ad esempio c’è stato un caso di un malato di diabete A. che conosco perché era detenuto nello stesso carcere di mio marito, la sua patologia gli causò la cancrena ad una gamba ma lì dentro non lo hanno ritenuto un fatto grave tanto che solo dopo molto tempo lo hanno portato al pronto soccorso dell’ospedale di Avellino dove in seguito all’amputazione di un dito del piede fu rimandato immediatamente in carcere. Le condizione di detenzione non erano idonee tanto che in seguito è stato necessario anche amputargli un altro dito del piede ora finalmente è ai domiciliari solo perché rischia l’amputazione della gamba. Riflettiamo: ma questa è giustizia o ingiustizia, è democrazia o dittatura? Concludo dicendo che se succede qualcosa a mio marito dovranno pagare tutti i danni psicologici e materiali perché questo è abuso di potere, è violenza nei confronti dei più deboli e non c’è prezzo che si possa pagare per delle vite distrutte.
Questa mia lettera è un grido di aiuto! Voglio aggiungere che sono fiera dell’esistenza di un uomo di nome Marco Pannella il cui solo nome mi riempie il cuore di speranza perché lui è la dimostrazione dell’esistenza del bene non solo del male. Grazie Marco, grazie Emma vi stimo da morire e spero che un giorno possa stringervi la mano .
L.C.

Nessun commento: